venerdì 30 marzo 2007

Step On K

Regia: Francesco Del Grosso
Tratto da:: "Step on K(1)" di Attilio Geva
Montaggio: Salvatore Allocca
Riprese: Francesco Del Grosso e Salvatore Allocca
Suono: Francesco Del Grosso
Aiuto Regia: Maya Gili
Realizzazione video a cura di: CinemAvvenire
Sponsor: SANPAOLO – Filiale di Ostia
Italia 2005 – Mini-Dv – Colore – Video Arte – 10 min.

LA PERFORMANCE
Il 12 ottobre 2005, presso il Faber Village di Ostia, è avvenuta l’esecuzione della Performance Step on K(1), sponsor dell’evento è stato l’Istituto Bancario San Paolo che lo ha riservato per la sua clientela scelta della Filiale di Ostia.
Step on K(1) è una performance di arte contemporanea articolata in Pittura, Poesia e Musica intercorrelate fra loro da una narrazione della Creazione Divina, ma è anche una descrizione metaforica della Creazione Artistica.
L’autore della Performance è Attilio Geva che ha progettato l’opera pittorica, scritto i testi ed assemblato le musiche di vari compositori.
Creatore, per il senso comune, è colui si separa da una parte di Sé e desidera che questa germini, si diffonda e si evolva autonomamente in qualcosa di distinto e mirabolante.
Ma Step on K(1) ci mostra una Creazione in cui le cose non sempre vanno nel verso giusto, una Creazione stracolma e rutilante di idee geniali che si rivelano sovente alla prova dei fatti un enorme pasticcio, un vero garbuglio inestricabile ed inesplicabile.
Mentre il pubblico ascolta la narrazione delle gesta del Signor K e la recitazione di sette "cadavre exquis" alla moda surrealista, il gruppo X-Formers dei pittori esecutori "suona", per così dire, i singoli dipinti.
Ogni pittore esecutore esegue il proprio spartito mentre una base musicale sullo sfondo ne regola e ne scandisce nel tempo l’azione pittorica.
Le musiche assemblate sono eterogenee, frammenti musicali di compositori come Frank Zappa, Thelonious Monk, Arnold Shoenberg ma anche di strumentisti virtuosi come Steve Vai o Billy Cobham oppure di star del rock come i Beatles, i Led Zeppelin, i Talking Heads, ecc.
Step on K(1) è una composizione piuttosto fuori dalla norma che mette in relazione il processo del "fare" la pittura con il "fare" della musica.
La composizione deriva da un modo di concepire l’arte fissato nel Manifesto di Met H Art che vede soprattutto nel processo produttivo artistico e nell’evolversi della sua azione concreta e fattuale un’opportunità di crescita della consapevolezza dell’individuo, una sorta vitale di meditazione.
Si tratta di una meta arte, ma anche di un metodo per l’arte, una specie di macchina universale che ci consenta di scolpire musica, suonare dipinti, edificare poesie, insomma di comporre ed eseguire un’opera qualsiasi fatta di cose qualunque .
Met H Art di fatto è una follia, un delirio onnicomprensivo, complicato quanto inutile ma benefico sia per l’artista sia per il fruitore, insomma una medicina per la mente, ma dal gusto buono.
FOTO DI SCENA:




LINK:

(guarda un estratto del video)

Gli invisibili – Esordi nel cinema italiano 2000_2006




Documentario, Italia 2007, 52’ , col., video, HDV

Regia Christian Carmosino, Enrico Carocci, Francesco Del Grosso, Pierpaolo De Sanctis
A cura di Vito Zagarrio
Una produzione Dipartimento Comunicazione e Spettacolo Università degli Studi di Roma Tre & Fondazione Pesaro Nuovo Cinema - ONLUS
Fotografia Christian Carmosino
Riprese Christian Carmosino, Francesco Del Grosso, Pierpaolo De Sanctis, Vito Zagarrio
Suono Francesco Del Grosso
Montaggio Francesco Del Grosso, Pierpaolo De Sanctis
Montaggio del suono Alessandro Ivessich Host
Musiche originali Piero Messina
Testi a cura di Enrico Carocci, Ofelia Catanea, Vito Zagarrio
Organizzazione Cristian Carmosino
Post Produzione Laboratorio Audiovisivi Dipartimento Comunicazione e Spettacolo Università degli Studi di Roma Tre
Con Andrea Adriatico, David Ballerini, Mariangela Barbanente, Franco Battiato, Marco Bertozzi, Alain Bichon, Antonio Bocola, Maria Pia Calzone, Valentina Carnelutti, Michele Carrillo, Giorgio De Vincenti, Roberto Dordit, Michelangelo Frammartino, Federico Greco, Luca Guadagnino, Alex Infascelli, Vincenzo Marra, Catherine McGilvray, Franco Montini, Stefano Mordini, Francesco Munzi, Serafino Murri, Francesco Patierno, Cristina Piccino, Alessandro Piva, Andrea Porporati, Eros Puglielli, Costanza Quatriglio, Pietro Reggiani, Sam Rohdie, Fabiana Sargentini, Stefano Savona, Roberto Silvestri, Carola Spadoni, Giovanni Spagnoletti, Kim Rossi Stuart, Giovanna Taviani, Bruno Torri, Jasmine Trinca, Alessandro Valori, Daniele Vicari, Paolo Virzì.

Sinossi Il documentario è stato girato alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro in occasione dell'Evento Speciale sul cinema italiano dedicato agli esordi italiani 2000-2006 (La meglio gioventù, direzione artistica di Vito Zagarrio). Il video dà la parola alla generazione degli esordienti negli anni 2000, che ci parlano di loro e dell'attuale situazione del cinema italiano.

Festival e Rassegne
2008
* Festival del cinema invisibile di Lecce
* Invisible Film Festival
* Rassegna Cinematografica Frentana
* 27° Premio Internazionale Sergio Amidei
* Maremetraggio - Festival Internazionale del cortometraggio e delle opere preime
* Roma Tre Film Festival
* MIFF - Film Festiva Internazionale di Milano
* Festival del cinema dello stretto di Messina
2007
* 43ª Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro – Evento Speciale
* Notti di cinema a Piazza Vittorio -IV Pesaro a Roma
* SulmonaCinema Film Festival
* Festa del Cinema di Roma - Extra d'Essaie
* Costaiblea Film Festival
* Consequenze - Festival del Cinema Indipendente di Roma
* Italia Francia Nuove Generazioni – Académie de France à Rome

Premi
* Premio "Il Trabocco" al documentario alla terza edizione della Rassegna Cinematografica Frentana

Linee d’ombra

Fonico nel documentario Linee d'ombra di Franceco Crispino. Il film è una biografia sulla vita e il lavoro di Armando Crispino, regista attivo dai primi anni sessanta e autore di film come L'etrusco uccide ancora o Macchie solari. Attraverso materiali di repertorio e interviste a colleghi e critici cinematografici, Francesco Crispino racconta la storia di suo padre. Finita la lunga post-produzione, si appresta ad affrontare il circuito festivalero.
a presto per ulteriori aggiornamenti!!

Psiconauta

Aiuto regia nel videoclip diretto da Salvatore Allocca del singolo Psiconauta del gruppo romano ZEN. Il video, realizzato in HD, è stato prodotto dalla Vega's Project ed è attualmente in programmazione sui principali canali tematici.

Guarda il videoclip




LINK:
http://www.zeroestensionineuronali.com/ZeroEstensioniNeuronali/video.htm
(guarda il videoclip)



FOTO DAL SET:

Eccomi sul set di Psiconauta




Making Of - Festa Internazionale del Cinema di Roma

è attualmente in fase di post-produzione il Making Of(f) ufficiale della prima edizione della Festa Internazionale del cinema di Roma. Il documentario è stato diretto da me e da un collettivo di registi e operatori del Dams di Roma Tre, sotto la cura di Mario Sesti e Vito Zagarrio. Un piccolo promo di 15 minuti è andato in onda su Teleroma 56.
a presto per aggiornamenti

Il terzo viaggio di Bach e Mozart

Fonico nel documentario Il terzo viaggio di Bach e Mozart di Stefano Blasi e Francesco Crispino. Prodotto dal Dipartimento Comunicazione e Spettacolo dell'Univesrtità degli Studi di Roma Tre in collaborazione col CETEC di Roma (Centro Europeo Teatro e Carcere). Realizzato in digitale, il video della durata di 16 minuti ha partecipato al MedFilm Festival 2006 (http://www.medfilmfestival.org/medfilm2006/it/coro.php). Il documentario segue la messainscena dell'omonimo spettacolo di Donatella Massimilla e il suo tour giornaliero dall'Auditorium di Roma al centro sociale Angelo Mai.

Tudo è Capoeira

Genere: Documentario
Durata: 41 minuti
Produzione: Italia 2006 colore
Suono: Stereo
Formato di ripresa: DvCam

Sinossi: La Capoeira, fuori dai suoi confini brasiliani, è un misto di business e di moda etnica, eppure possiede una storia centenaria fatta di sofferenze e umiliazioni. Con questo documentario abbiamo provato a tracciare un profilo sulla diffusione della Capoeira in Italia e sulla sua evoluzione nell’epoca della globalizzazione.

Regia: Francesco Del Grosso & Lorenzo Leone
Aiuto regia: Cecilia Caffari
Fotografia: Gianpaolo Bucci
Riprese: Lorenzo Leone e Vincenzo Sangiorgio
Suono: Francesco Del Grosso
Montaggio: Claudio Pisano
Supervisione al montaggio: Emanuele Pisasale
Effetti visivi di post produzione: Salvatore Allocca
Mixage: Francesco Del Grosso
Edizioni: Valeria Zarfati e Serena Pernazzoli
Fotografia di scena: Valeria Zarfati
Traduzioni: Cecilia Caffari
Musiche: AA.VV.
Produzione: Durango 95 & Dipartimento Comunicazione e Spettacolo Università degli
Studi di Roma Tre
Distribuzione: Durango 95
Patrocinio: Ambasciata del Brasile
Post produzione: Laboratorio audiovisivi del Dipartimento Comunicazione e Spettacolo
Università degli Studi di Roma Tre

FESTIVAL E RASSEGNE:
2007
* Tam Tam DigiFest (Napoli)
2006
* Dams Film Festival (Roma)
* Il coreografo elettronico – Festival Internazionale di videodanza (Napoli)
* Roma Edge Festival (Roma)
* Il corto.it (Roma)
* Enzimi (Roma)

PREMI:
* Premio del Pubblico Musicfeel al Dams Film Festival 2006

FOTO DI SCENA:








DICHIARAZIONE DEI REGISTI:

La Capoeira nasce dall’incontro tra culture ed etnie diverse e ha origine da un mix di linguaggi espressivi. Insomma, arte marziale sì, ma anche espressione corporea e quindi danza, a ritmo di musica e accompagnata da canti. Unione di discipline diverse in un'unica arte, che nel “gioco” della Capoeira vede lo svilupparsi di qualità fisiche come agilità, destrezza, coordinazione, flessibilità ecc.; il capoeirista cresce in creatività, dando primaria importanza al rispetto e all'amicizia, giocando dentro le regole per far crescere le capacità e non solo testarle. Porta così allo svilupparsi in modo completo dei tre canali di apprendimento dell'essere umano: psico-motorio, affettivo-sociale e cognitivo. L’obiettivo della camera è rivolto verso il gesto capoeiristico, così elegante nelle movenze, ma allo stesso tempo potenzialmente violento e persino letale. Inoltre, la Capoeira è anche ricerca interiore. Infatti non è solo un esercizio per mantenersi in forma, ma può anche essere praticata come terapia per rompere blocchi psicologici: una specie di “medicina” per la mente. Dunque Tudo è Capoeira può rivelarsi importante proprio per questa multi-lettura, dato che concentra l’attenzione su diversi livelli e chiavi di interpretazione.
IL DOCUMENTARIO (MATERIALI VARI):
DOVE E COME NASCE LA CAPOEIRA
La Capoeira è un’arte marziale nata attorno al 1600, a seguito della deportazione degli schiavi africani in Brasile, come forma di riscatto degli schiavi dalla loro condizione. Tuttavia, sulle origini della Capoeira esiste ancora una discussione aperta tra diverse correnti di pensiero. Questo dipende dal fatto che, più in generale, non si hanno informazioni storiche precise sulla schiavitù. La maggior parte della documentazione a riguardo, infatti, fu debitamente distrutta da personaggi come il Ministro delle Finanze Ruy Barbosa (per citarne uno) che nel 1890, sotto il Governo di Deodoro da Fonseca, ordinò la distruzione di tutto ciò che avesse a che fare con la "schiavitù negra in Brasile". Ciò che, comunque, appare certo è che la storia della Capoeira sia legata alla storia della schiavitù in America e, dunque, all'Africa, agli africani ed al bagaglio culturale che con loro sbarcò in Brasile. Recenti studi sulle manifestazioni culturali delle società rurali angolane, nello specifico della regione del Quilengues (Hurla - altopiano situato nel sud-est dell'Angola), hanno evidenziato un particolare interesse degli uomini all'arte dell'acrobazia e hanno scoperto la presenza di alcune danze acrobatiche, (tra cui una chiamata "Omudinho"), con caratteristiche coreografiche molto simili alla Capoeira. Nel XVII sec., a partire dal 1617, il Quilengues divenne dipendente dalla Capitaneria del Bengala, a sua volta legata al Portogallo, e rappresentò uno dei territori in cui fu catturato il maggior numero di schiavi destinati al Brasile, ed in particolare, alla regione dello stato di Bahia, area in cui maggiormente si sviluppò la Capoeira. Questo, non solo significa che la Capoeira potrebbe essersi ispirata anche alle danze acrobatiche del Quilengues, ma soprattutto, che sono certamente in Africa le sue radici. Gli schiavi, comunque, furono catturati in molte parti del sud-ovest africano e provenivano da terre in cui convivevano, e convivono tuttora, moltissime diversificazioni culturali. Per tale ragione, in Brasile, arrivò una moltitudine di persone, in rappresentanza di altrettante culture, che avevano in comune la caratteristica di non essere conservate nei libri o nei musei, ma nel corpo, nella mente, nel cuore e nella coscienza di ogni schiavo. Una volta giunti in terra brasiliana gli schiavi venivano venduti ai "fazenderos" solo in base alle esigenze di questi ultimi e non certo secondo l'appartenenza ad un gruppo o alla provenienza. In ogni "fazenda", dunque, si ritrovarono schiavi che arrivavano da luoghi molto diversi tra loro, con usi, costumi e tradizioni peculiari. Ciò che accadde fu che l'incontro tra le tante diversificazioni culturali, nella nuova realtà, ne determinò l'evoluzione.
La Capoeira, come altre forme di espressione culturale brasiliana, può, perciò, essere considerata come una miscela di danze, lotte, giochi e movimenti di varie culture che, in Brasile, si sono "fuse" tra loro, nei luoghi in cui i rappresentanti di tali culture - gli schiavi - erano costretti a vivere. Appare chiaro come, per comprendere questa evoluzione, sia necessario porre l'accento sulla figura dello schiavo, quale protagonista assoluto di ogni osservazione, sulla sua vita e sul suo mondo sociale, con l'obiettivo principale di evidenziare il lato "attivo", dello schiavo che vive, si muove, crea, inventa, sogna e cerca la libertà. Una visione, questa, che si contrappone, e smentisce, la tesi di chi ha sempre pensato lo schiavo come un essere, oltre che inferiore, passivo ed incapace di qualsivoglia espressione, "naturalmente" predisposto alla schiavitù fisica e mentale. Ma nessun popolo vive eternamente sotto il giogo della schiavitù senza ribellarsi e per i neri in Brasile non fu diverso. Inizialmente le reazioni contro le disumane condizioni in cui erano costretti a vivere erano frequenti, ma individuali, rivoluzioni disorganizzate che cominciarono ad avere esiti positivi e a diventare pericolose solo quando gli schiavi capirono che era necessaria l'organizzazione della resistenza e delle fughe. Capirono anche di aver bisogno di trovare, una volta fuori dalla "fazenda", rifugi sicuri, lontani e difficilmente raggiungibili, ma soprattutto capirono che per fuggire dovevano lottare. Avevano con sé solo "se stessi" e la volontà ferrea di riconquistare la libertà. E questo bastò per creare la Capoeira. Dall'Africa portavano il ricordo di danze, lotte e giochi di cui riadattarono i movimenti, arricchiti successivamente dall'osservazione del comportamento di alcuni animali, in particolare i felini (che attaccano e si difendono con spettacolare destrezza) dai quali ripresero alcuni gesti e, infine, dalla fusione di questi elementi crearono la lotta di cui avevano bisogno per combattere, fuggire e non essere poi catturati. La notte, dopo il lavoro massacrante nei campi, gli schiavi si riunivano in precisi spazi segreti, nascosti nella selva (o mato) e protetti da una particolare vegetazione tipica dei climi secchi e caratterizzata da alberi e piante contorte chiamate "capoeiras", da cui si presume derivi il nome della lotta. Fu durante questi incontri che la Capoeira nacque, si sviluppò e con il tempo divenne una vera e propria arma, pericolosa e, soprattutto, efficace. Il pericolo capoeirista si era dunque insinuato all’interno delle “fazende”. Quando i Signori cominciarono a consentire agli schiavi di riunirsi per riprodurre alcune loro forme culturali ( si era constatato che lo schiavo "contento" produceva di più e non creava problemi), la Capoeira assunse i toni di una danza per potersi camuffare e sfruttare l'occasione per essere esercitata. Alla Capoeira si aggiunsero così i canti e la musica, che ne divennero presto parte integrante ed indispensabile. In questo modo i padroni e le forze dell'ordine, in una “roda” (capoeiristi disposti in cerchio all’interno del quale avvengono le lotte) di Capoeira, vedevano semplicemente una sorta di danza e non avevano la minima idea che quegli stessi movimenti potessero diventare colpi mortali (i colpi, infatti, erano studiati in modo tale da arrecare il maggior danno possibile: lo schiavo doveva colpire e fuggire rapidamente).
Con il passare del tempo, però, gli schiavi presero sempre più coscienza della loro forza e la possibilità di fuggire per guadagnare la tanto amata libertà diventava ogni giorno più reale. Erano sempre più numerosi gli schiavi che riuscivano a fuggire, che cominciavano ad insorgere, ad unirsi in gruppi e ad utilizzare la Capoeira per combattere e lottare contro i "capitaes do mato" (gli uomini incaricati dal padrone di catturare gli schiavi fuggitivi). Iniziarono, così, le prime reazioni e gli schiavi non solo si ribellarono in modi violenti, ma anche attraverso una resistenza quotidiana, molto importante perché capace di alimentare quel comune e condiviso desiderio di libertà che divenne la vera forza della resistenza. Una volta fuori dalle "fazende" fuggivano verso l'interno, dove la vegetazione diventava fitta e buia, vi si inoltravano e sceglievano un luogo in cui l'acqua fosse buona e la terra generosa e, soprattutto che fosse ben nascosto; qui fondavano i Quilombos, vere e proprie società formate solitamente da 80 - 100 persone e perfettamente organizzate che rappresentarono una struttura alternativa alla società coloniale. Tuttavia non si deve pensare che solo i negri africani abitassero nei cosiddetti Quilombos (nome dato successivamente a questo tipo di comunità); infatti anche gli indios e persino alcuni europei che non erano d'accordo con le scelte politiche e sociali del regime di allora ne facevano parte. L'agricoltura rappresentava il mezzo di sostentamento principale, si coltivavano mais, riso, patate, canna da zucchero, banane, frutti tropicali e cotone. I quilombolas (gli abitanti dei Quilombos) erano anche abili cacciatori ed esperti pescatori: la caccia era praticata con gli archi e le frecce, utilizzando i cani, per la pesca, invece, si usava l'antico metodo degli indios: si paralizzava il pesce con il veleno estratto dal succo di una particolare radice. Esistevano anche alcune attività artigianali, come la tessitura del cotone, praticata in prevalenza dalle donne, e la pratica di una metallurgica rudimentale, la fabbricazione di utensili e armi, svolta perlopiù dagli uomini. Infine, un'importante attività era rappresentata dalla fermentazione di alcune bevande di frutti. All'interno del Quilombo vigeva un'assoluta uguaglianza e parità di diritti e di doveri, ognuno svolgeva l'attività per la quale era maggiormente dotato ed i prodotti venivano equamente suddivisi tra tutte le famiglie. Il più importante Quilombo della storia brasiliana fu Palmares, che sorse a nord del rio Sao Francisco, dove oggi si trova l'attuale stato di Alagoas, e che lottò per 67 anni fino alla sua totale distruzione. Nella memoria dei capoeiristi Palmares rappresenta l'esempio più importante nella storia dei Quilombos brasiliani: fondato da 20-30 persone alla fine del XVI secolo, si estese rapidamente fino a diventare una specie di stato, una sorta di repubblica, una rete di città suddivise in varie province, legate tra loro e dipendenti dalla capitale, chiamata Macaco. Quest'ultima, situata nella Serra da Barriga, si presume che constasse da sola di oltre 1.500 abitazioni per un totale di 8-10 mila persone. Palmares aveva un sistema di leggi che regolava la vita delle persone, alcune molto rigide (furti, adulteri, diserzioni e omicidi erano puniti con la pena capitale). Tra i palmerinos esisteva uguaglianza civile e politica e l'Autorità era riconosciuta da tutti. Ogni provincia aveva un capo, scelto per meriti di forza, intelligenza e destrezza, le cui iniziative erano rigidamente controllate da un Consiglio e riguardavano gli atti di ordinaria amministrazione, mentre le decisioni più importanti venivano adottate da un'assemblea composta da tutti gli abitanti adulti. Aveva, inoltre, sia una lingua propria, che conteneva forme portoghesi, forme africane differenti e idiomi indigeni, sia una cultura propria, risultato dell'incontro tra culture con tradizioni diverse. Insomma, possiamo considerare Palmares come il primo e l'unico stato libero e democratico di neri in territorio americano.
Sono numerose le storie di grandi eroi dei Quilombos, tra i quali il più importante è Zumbi dos Palmares, considerato ancora oggi il primo grande maestro di Capoeira e coraggioso difensore degli ideali di libertà del popolo negro. La storia racconta che Zumbi nacque nel 1655 all'interno del Quilombo di Palmares e imparò la Capoeira sin da bambino da grandi maestri. Ancora adolescente fu catturato da una spedizione di portoghesi ed affidato alle cure di un "padre" che lo catechizzò e lo battezzò con il nome di Francisco. Imparò a leggere e a scrivere, venne rieducato, tentarono in tutti i modi di cancellare dalla sua memoria il ricordo del passato, ma senza successo: a quindici anni, nel 1670, Zumbi riuscì a scappare ed a ritornare a Palmares. Qui si dedicò all'arte della Capoeira, all'insegnamento del valore della libertà, sensibilizzò i suoi compagni al problema di liberare il Brasile ed i loro fratelli negri dalla schiavitù. Zumbi organizzò la difesa di Palmares e guidò la resistenza contro le frequenti incursioni dei bianchi portoghesi, che si intensificarono proprio a partire dal 1670, quando il Governatore di Pernabuco, Domingos Jorge Velho, decise che Palmares doveva essere completamente distrutto perché stava diventando troppo pericoloso: il suo esempio, infatti, era ormai divenuto un mito e veniva seguito da molti schiavi, cosicché il numero dei Quilombos aumentava continuamente. Dopo oltre vent'anni di disperata resistenza, nel 1693 Palmares fu raso al suolo, nel corso degli attacchi finali, durati ininterrottamente 22 giorni, migliaia di persone furono catturate e uccise, Zumbi e i suoi uomini lottarono disperatamente e furono in molti a morire per quel ideale di libertà per cui avevano vissuto. Zumbi si salvò. Riuscì a fuggire nella foresta, un ambiente a lui congeniale ma impervio per i suoi inseguitori. Conosceva bene quella selva e non gli fu difficile far perdere le proprie tracce. Scelse un posto sicuro dove rifugiarsi con i pochi compagni rimastogli, ma poco tempo dopo venne scoperto, uno dei suoi compagni catturato dai portoghesi svelò il luogo del suo rifugio, questi gli tesero un'imboscata e lo uccisero. La sua testa venne esposta nella piazza centrale di Macaco il 20 novembre del 1695. Palmares e Zumbi furono esempi importanti per le rivolte successive che portarono all’abolizione della schiavitù nel 1888. Con l'abolizione della schiavitù, alcuni ex-schiavi ritornarono in Africa, ma la maggior parte di loro rimase in Brasile. I fazendeiros, però, non erano più interessati a loro come forza lavoro (motivo principale dell'abolizione), in quanto gli immigrati stranieri costavano meno. Questa massa di ex-schiavi si diresse dunque verso le grandi città; tuttavia non tutti riuscirono a trovare un lavoro e una casa (prima gli schiavi abitavano tutti insieme nella “senzala” che era un'abitazione costruita apposta all'interno della fazenda). Si istallarono così nelle vicinanze delle città creando le prime “bidonville”. Non sapendo come sopravvivere essi usavano la Capoeira in diverse maniere: alcuni facevano i primi spettacoli nei pressi dei porti per i turisti e i marinai che arrivavano e con le mance compravano quel po' che riuscivano per sfamarsi; altri si organizzarono in gang criminali rubando e assaltando i più ricchi; altri ancora venivano assoldati dai politici o dalle persone influenti come "guardie del corpo" e molte volte la loro conoscenza della Capoeira veniva usata dai loro padroni (sempre padroni erano!) anche a scopi politici, come per esempio nella lotta tra repubblicani e monarchici. La principale attività di questi capoeristi (nome di chi pratica la Capoeira) era disturbare la vita politica del Paese. Già nel 1890 anche molte persone ricche ed influenti che facevano parte dei più alti livelli della società erano diventati praticanti della Capoeira. Questo rappresentava una minaccia per il governo, per cui venne creata una speciale forza di polizia al fine di tenere la situazione sotto controllo. Venne introdotto un rigido codice penale nel cui capitolo B erano dedicati ben 10 articoli relativi alla pratica della Capoeira. In seguito una legge ancora più dura stabiliva che chiunque praticasse la Capoeira, ricco o povero, sarebbe stato espatriato. Per dare forza a questa legge il Presidente nominò Sampaio Ferraz a capo della polizia con l'incarico di essere inflessibile (cosa per la quale peraltro era famoso) nell'eliminazione di questa "piaga sociale". Sampaio è ritenuto il più duro capo della polizia in tutta la storia del Brasile (anche peggiore dei capi militari durante la dittatura). La cosa interessante riguardo Sampaio era che lui stesso era un abile capoerista, terrore di tutti coloro che lo conoscevano.La forza speciale di Sampaio era obbligata ad imparare la Capoeira per sfidare i nemici sul loro stesso terreno. Se non fosse stato per la grande resistenza dei capoeristi e per l'aiuto dato loro dalle persone influenti che li proteggevano, Sampaio sarebbe riuscito nel suo scopo. Un incidente causato proprio da Sampaio, però, condusse ad una crisi di governo; intatti egli arrivò ad arrestare un membro della famiglia di un ministro (il famoso Juca Reis). Dopo vari tentativi di riconciliazione due ministri dettero le dimissioni e Juca venne esiliato. Ci si aspettava che questo incidente provocasse un cambiamento. Infatti l'opposizione al governo creò la cosiddetta "milizia negra". al fine di destituire il presidente. Questa milizia era composta esclusivamente da capoeristi. La polizia era impotente contro di loro e proprio quando la situazione diventava sempre più tesa, il Brasile entrò in guerra con il Paraguay. La milizia negra venne inviata al fronte e quando tornò vittoriosa i suoi componenti diventarono eroi nazionali La Capoeira entrò in un'altra fase della sua storia.
La legge che proibiva la pratica della capoeira rimase in vigore fino al 1920; nel frattempo la si praticava come "danza folclorica". In luoghi nascosti, che molte volte coincidevano con i “terreiros” (luoghi dove veniva praticato il culto religioso dell'Umbanda e del Candomblé), i capoeristi facevano del loro meglio per mantenere viva la tradizione. In quegli anni era uso che il maestro che insegnava la Capoeira desse poi all'alunno uno o due soprannomi (a volte anche tre); la polizia conosceva i capoeristi con questi soprannomi e non con la loro vera identità, il che rendeva difficile l'arresto. Questa tradizione è rimasta anche oggi: quando una persona viene “battezzata” le viene dato anche un soprannome. Nel 1937, Mestre Bimba, uno dei più importanti maestri di Capoeira, ricevette un invito dal presidente per fare una dimostrazione nella capitale. Dopo il successo della presentazione tornò a casa, a Salvador, con il permesso del governo per l'apertura della prima scuola di Capoeira in Brasile. Era il primo passo verso uno sviluppo più aperto. Infatti nel corso degli anni successivi questa “danza marziale” diventò lo sport nazionale brasiliano, entrando ovunque anche nelle scuole, università, club e accademie militari. Oggi è praticata in tutto il mondo da migliaia di uomini, donne e bambini come attività educativa, culturale e sportiva.

COS’É LA CAPOEIRA
La Capoeira (circolo della vita) è una disciplina profonda, unica nel suo genere: si tratta infatti di una forma di autodifesa senza contatto espressa in forma di danza. Agli inizi si trattava di una violenta forma di combattimento, che ben presto venne proibita dai padroni degli schiavi, in quanto antieconomica (molte persone si ferivano o addirittura morivano) e pericolosa da un punto di vista sociale, in quanto dava un'identità di uomini a coloro che erano solo considerati oggetti, merce di scambio, forza lavoro. Ma la Capoeira non si fermò : nuovi gruppi di combattenti continuavano a formarsi e a praticare illegalmente questa tecnica. Col tempo venne aggiunta la musica (c'è la teoria che servisse a far credere ai padroni che incontri sanguinari fossero in realtà feste, o cerimonie), e la violenza venne sostituita da movimenti meno aggressivi. Oggi di quegli antichi combattimenti è rimasto il significato rituale: l'unico contatto che è permesso tra i due "combattenti" è quello degli occhi. La Capoeira non si combatte e non si danza: si gioca. Dopo aver formato un cerchio (la Roda) in cui tutti suonano e cantano, si dà inizio al confronto (chiamato "gioco") tra i primi due lottatori-danzatori. Lo scopo non è fare del male all'avversario o bloccarlo a terra. L'obiettivo è arrivargli vicino per fargli capire che, volendo, lo si potrebbe colpire, ma si lascia perdere. Inoltre, se si bloccasse subito l'avversario il gioco finirebbe subito e invece il movimento deve continuare.

IL PROGETTO
La Capoeira nasce dallo scontro di culture ed etnie diverse. Questa arte tradizionale e folclorica del Brasile ci insegna con la sua storia che uno "scontro" fra culture e popoli diversi può trasformarsi in un "incontro" e generare una nuova forma di cultura e un nuovo popolo. Come tante usanze o tradizioni straniere, è giunta in Italia, dove inevitabilmente ha trovato un largo consenso nel pubblico nostrano. Da qui la nascita di decine di scuole, che in pochi anni sono diventate più di cento, distribuite sull’intera Penisola, con una certa maggioranza nell’Italia centro-settentrionale: Treviso, Bergamo, Cremona, Reggio Emilia, Perugia, Bologna, Milano, Taormina, Viterbo e naturalmente Roma. Inoltre ci sono gruppi anche in Francia, Germania, Portogallo, Olanda, Belgio e Spagna, e oltreoceano in Messico e negli Stati Uniti. Tutti fanno parte, però, dell'organizzazione “Tao Te Chia”, che è stata fondata dal maestro Ruben Garcia.
Il punto di incontro di scuole, associazioni, centri sociali e palestre capoeiristiche è senza alcun dubbio Roma. L'insegnamento, la diffusione, la promozione e l'approfondimento di tale attività nella Capitale e nell’intero territorio laziale ha favorito l’incontro fra la cultura italiana e quella brasiliana; ha consentito di rimettere in contatto i cittadini brasiliani residenti in Italia con la loro cultura; ha permesso di far scoprire agli italo-brasiliani, nati e vissuti in Italia, la loro altra "metà culturale"; ma ha offerto anche uno spazio e un tempo per coltivare la propria passione a tutti coloro che hanno un forte interesse per tutto ciò che riguarda il Brasile. Poiché ormai Roma, come molte altre metropoli del mondo, è una realtà multi-culturale e multi-razziale questo incontro fra due culture viene ad espandersi sempre di più. Accade così che le attività delle varie associazioni creino un momento d'incontro oltre che fra italiani, brasiliani e italo-brasiliani, anche con altre culture: l'africana, la spagnola, l'argentina etc. Annualmente i gruppi di Capoeira organizzano un Incontro Internazionale di Capoeira, evento in grado di riunire gente proveniente da tutta l'Italia, dall'Europa e dal Brasile. Proprio la diffusione di questo “fenomeno” sul territorio laziale, e in particolare su Roma, è al centro del documentario intitolato Tudo è Capoeira, diretto da Francesco Del Grosso e Lorenzo Leone. Attraverso interviste a esponenti più o meno celebri di questa “danza marziale” (insegnanti, esperti, allievi, giornalisti o semplici appassionati), il documentario mostra e cerca di spiegare il perché di tale diffusione.
Al documentario prodotto dai due registi, con il patrocinio del Dipartimento Comunicazione Letteraria e Spettacolo dell’Università degli Studi di Roma Tre e dell’associazione Cinemavvenire, il documentario ha visto la partecipazione di tutti i gruppi romani di capoeira (Carcarà, Soluna, Topazio e Lembrança Negra), ai quali vanno ad aggiungersi alcune testimonianze di maestri dei gruppi italiani di Viterbo, Reggio Emilia e Rimini, oltre a quella di rappresentanti della scuola tedesca di Colonia e ad un’esclusiva intervista al grande Mestre Pinatti direttamente dal Brasile. Importantissima è anche l’intervista rilasciata da un famoso esperto di arti marziali, Leandro Spadari, giornalista della rivista “Samurai”.
Alle immagini filmate dalla troupe con il supporto di più camere digitali (Sony PD 150 e Canon XL 1), vanno ad aggiungersi materiali di repertorio concessi e prelevati da archivi storici, da teche di emittenti televisive e radiofoniche, da fototeche o direttamente forniti dalle associazioni romane e non coinvolte nel progetto, ma anche sequenze estrapolate da film o documentari più o meno celebri.
Questa danza-lotta, oltre a nascere da un incontro tra culture ed etnie diverse, ha origine da un incontro fra più linguaggi espressivi. Insomma, arte marziale sì, ma anche espressione corporea e quindi danza, a ritmo di musica e accompagnata da canti. Unione di discipline diverse in un'unica arte, che nel “gioco” della Capoeira vede lo svilupparsi di qualità fisiche come agilità, destrezza, coordinazione, flessibilità ecc.; il capoeirista cresce in creatività, dando primaria importanza al rispetto e all'amicizia, giocando dentro le regole per far crescere le capacità e non solo testarle. Porta così allo svilupparsi in modo completo dei tre canali di apprendimento dell'essere umano: psico-motorio, affettivo-sociale e cognitivo. A tal proposito, l’obiettivo della camera è rivolto anche verso il gesto capoeiristico, così elegante nelle movenze, ma allo stesso tempo potenzialmente violento e persino letale. Inoltre, la Capoeira è anche ricerca interiore. Infatti non è solo un esercizio per mantenersi in forma, ma può anche essere praticata come terapia per rompere blocchi psicologici: una specie di “medicina” per la mente. Dunque Tudo è Capoeira può rivelarsi importante proprio per questa multi-lettura, dato che concentra l’attenzione su diversi livelli e chiavi di interpretazione.

Victoria Station

Fonico e operatore nel video diretto da Francesco Crispino, tratto dalla messinscena di Donatella Massimilla dell'omonimo corto teatrale di Harold Pinter.

Regia: Francesco Crispino
Riprese: Francesco Crispino, Pierpaolo De Sanctis e Francesco Del Grosso
Suono: Francesco Del Grosso
Montaggio: Pierpaolo De Sanctis
Produzione: Dipartimento Comunicazione e Spettacolo Università degli Studi di Roma Tre, in collaborazione con il CETEC di Roma (Centro Europeo Teatro e Carcere)

Italia 2006 - Col. - Mini-Dv - Stereo - 30 min.

Crackers

Fonico di presa diretta nel cortometraggio Crackers di Salvatore Allocca, selezionato in numerosi festival nazionali e vincitore del Premio CinemAvvenire alla Festa del Cinema di Roma.
http://www.salentofinibusterrae.it/29.html (Salento Film Festival 2006)
FOTO DAL SET:

eccomi sul set di Crackers









Guarda il video

La terra vista dalle nuvole: sguardi su Pasolini

Fonico di presa diretta nei cortometraggi Ostia e Ciampino che compongono il dittico di La terra vista dalle nuvole: sguardi su Pasolini, per la regia di Francesco Crispino e Donatella Massimilla.

OSTIA:
Regia: Francesco Del Grosso e Donatella Massimilla
Ideato e interpretato da: Roberto Stani, Giulia De Cano, Viviana Mancini, Giorgia Iorio, Michela Romoli, Alice Casalini, Fabiola Lecca
Fotografia: Sergio Di Lino
Montaggio: Salvatore Allocca
Suono: Francesco Del Grosso

Italia 2005 - B/N - 15 min. - Mini-Dv

CIAMPINO:
Regia: Francesco Crispino e Donatella Massimilla
Ideato e interpretato da: Lorenzo Barcaroli, Flavio Cancro, Veronica Gianchè, Celeste Marciano, Lodovico Muratori, Irene Seneca
con la partecipazione di: Daniela Davoli, Romeo Martel, Paolo Pierantonio, Roberto Stani
Fotografia: Sergio Di Lino e Lorenzo Leone,
Montaggio: Pierpaolo De Sanctis
Suono: Francesco Del Grosso
Mix audio: Alessandro Sessa

Italia 2005 - Col - 16 min. - Mini-Dv

IL PROGETTO:
Il progetto è a cura di Cinemavvenire, in collaborazione con il C.E.T.E.C. (Centro Europeo Teatro e Carcere), Centro sociale "Affabulazione" di Ostia, Liceo scientifico "Vito Volterra" di Ciampino.

Il progetto è vincitore del Bando sulle Politiche giovanili della Provincia di Roma per l’anno 2005 e co-finanziato dall’Assessorato alle politiche giovanili del Comune di Ciampino.

La terra vista dalle nuvole: sguardi su Pasolini è un progetto che si inserisce in un contesto "Edge", cioè nei luoghi ai margini della città dove la dispersione scolastica è molto alta e dove si riscontrano frequenti fenomeni di bullismo, dove c’è un’assoluta carenza di spazi per la socialità, lo scambio e l’espressione artistica giovanile.
Prendendo spunto dal trentennale della scomparsa di Pier Paolo Pasolini (2 novembre 1975), il progetto vuole costruire un percorso intermediale, in particolare tra linguaggio audiovisivo e linguaggio corporeo e autodrammaturgico, in cui i ragazzi coinvolti tracceranno una linea di continuità con l’opera e la memoria del poeta bolognese.

Un desocupado lector

Fonico nel video Un desocupado lector diretto da Francesco Crispino tratto dal workshop “Danza oltre le mura”, condotto dalla regista teatrale Donatella Massimilla in collaborazione con il Balletto di Roma e il CETEC di Roma (Centro Europeo Teatro e Carcere). Il video realizzato in digitale (Mini-DV) della durata di 35 minuti è stato presentato al Festival Internazionale di Videodanza di Napoli "Il coreografo Elettronico" nell'edizione 2005.


FOTO DI SCENA:






Equilibrio precario

Genere: Drammatico
Produzione: Italia 2004 - Col.
Formato: Mini-Dv
Suono: Stereo
Durata: 15 min.

Regia: Gianpaolo Bucci e Francesco Del Grosso
Soggetto: Francesco Del Grosso
Sceneggiatura: Gianpaolo Bucci e Francesco Del Grosso
Fotografia: Gianpaolo Bucci
Suono: Francesco Del Grosso
Montaggio: Salvatore Allocca
Musiche: Cristian Tafani
Aiuto regia: Manuela Felicia
Edizioni e foto di scena: Valeria Zarfati
Prodotto da: Gianpaolo Bucci e Francesco Del Grosso, con il patrocinio dell'Università degli Studi di Roma Tre
Cast: Cristina Venturi, Luca Coppola, Carlo Cinque,Francesco Nobili, Maria Iodice

FOTO DI SCENA:






Corpi...

Sinossi: La guerra vista con gli occhi di un bambino
Genere: Documentario (cortometraggio di montaggio)
Durata: 5 minuti
Produzione: Italia 2003 b/n – colore
Suono: Stereo
Formato di ripresa: MiniDv/VHS
Location: Roma

Regia: Francesco Del Grosso
Soggetto e sceneggiatura: Francesco Del Grosso
Interpreti: Monica Dabbicco (donna incinta)
Fotografia e suono: Francesco Del Grosso
Montaggio: Elena Mortelliti
Aiuto regia e assistente al montaggio: Manuela Felicia
Supervisione al montaggio e mixage: Simone Rosati
Costumi e scenografie: Monica Dabbicco
Musiche: Enya e bambini dell’isola di Inhaca
Produzione e distribuzione: Dipartimento Comunicazione Letteraria e Spettacolo Università degli Studi di Roma Tre

FESTIVAL E RASSEGNE:
2007
* VedaVisioni (Parma)
* Dimmi quello che vuoi – Festival del cortometraggio indipendente (Salerno)
* La tela di Penelope (Castrovillari, Cosenza)
2006
* La Città in Corto – Festival Nazionale del cortometraggio universitario (Roma)
* Reggio Film Festival – Children International Short Film Contest (Reggio Emilia)
* Festa del Cinema di Roma - Spazio Cinemavvenire (Roma)
2005
* Medi Art (Pantelleria)
* Ciak, Valnerina in corto - Mostra nazionale del cortometraggio d’autore (Ferentillo)
* ROUND – Festival Nazionale di Film e Video di Autori Indipendenti (Rimini)
* Smac (Roma)
* TestaccioLab (Roma)
* Valsusa Film Festival (Condove, Torino)
* Fuori di festa (Roma)
* Corto Night (Roma)
* L’invasione degli ultracorti (Roma)
* Dams Film Festival (Roma)
2004
* ARCIPELAGO – Festival Internazionale di cortometraggi e nuove immagini (Roma)
* Bassa in Corto (Stanghella, Padova)
* IlCorto.it (Roma)
* Palermo Film Festival (Palermo)
* Fiaticorti (Istrana)
* M-Artelive (Roma)
* Metaverso (Roma)
* Cortolibero (Roma)
* La cittadella del cinema – Area eventi cinemavvenire alla 61ª Mostra del Cinema (Venezia)
* Latera Corto Festival (Viterbo)
2003
* Cortigiano Video Festival (Roma)

PASSAGGI TELEVISIVI:
In onda su Raisat Cinema World nel programma “Vertigo speciale Arcipelago 2004” dell’8 giugno 2004, su Rete Sole nella puntata dell’11 gennaio 2005 del programma “I Corti”, su EcoTv canale 906 di Sky nella trasmissione "Mini Movie"

ONLINE:
In streaming sul sito qoob.it
http://it.qoob.tv/video/clip_view.asp?id=1734
(guarda il cortometraggio)

PREMI:
* Premio on-line al Veda Visioni 2007
* Miglior cortometraggio e miglior fotografia alla Prima Mostra nazionale del
cortometraggio d’autore “Ciak, Valnerina in Corto” 2005
* Miglior Video nella sezione “Carta Bianca Dams” al Festival Internazionale
di cortometraggi e nuove immagini – ARCIPELAGO 2004


FOTO DI SCENA:








DICHIARAZIONE DEL REGISTA:



In Corpi…, immagini di fiction si mescolano con immagini di repertorio in una specie di cortometraggio di montaggio. L’unico elemento che crea un certo distacco visivo tra i due “poli” è l’uso del colore per la fiction e il bianco e nero per le parti documentaristiche. In questo caso il montaggio diventa necessario per amalgamare e omogeneizzare il tutto, ma soprattutto per rendere più chiaro possibile il messaggio di fondo del cortometraggio. Dopo aver già sperimentato questo genere in un corto da me realizzato precedentemente dal titolo L’illusione (Italia 2002), in cui rivisito in chiave metaforica i fatti dell’11 settembre, paragonandoli a una tempesta che sconvolge una distesa marina, con Corpi… l’attenzione si sposta sulla guerra e sulle sue vittime, ossia donne e bambini innocenti. Le immagini di repertorio mostrano scene di combattimento e di distruzione, che rappresentano la fine o per meglio dire la morte fisica. Queste immagini si scontrano con scene che mostrano le varie fasi pre e post-parto di una donna, che indicano a loro volta l’inizio, o per meglio dire il principio della vita.Corpi… focalizza l’attenzione sulle immagini di una donna gravida sdraiata su un letto completamente bianco, e in particolare su dettagli del suo corpo (ventre, seno, mani, piedi, ecc…), senza mai mostrarne il volto in modo da evitare qualsiasi connotazione, perché ciò che mi interessa è il suo corpo che cambia e nient’altro. Improvvisamente, il segnale viene interrotto e sequenze di guerra prendono il posto di quelle precedenti, rivoluzionando completamente il montaggio, che da calmo e lento diventa veloce e frenetico. Questo passaggio è scandito dal cambiamenti di ritmo musicale e di punteggiatura visiva: gli stacchi diretti prendono il posto di quelli ottici come dissolvenze di vario tipo o tendine. Poi la situazione si ristabilisce, il segnale video torna (e con esso appare anche il colore che prende il posto del bianco & nero) mostrandoci l’altro lato, quello della gioia e della speranza, dove appaiono in un filmato amatoriale dei bambini ad una festa.

La trappola

Sinossi: Quando la persona che ami diventa il tuo peggior nemico
Titolo: La trappola
Genere: Fiction - Azione
Durata: 15 minuti
Produzione: Italia 2003 colore
Suono: Stereo
Formato di ripresa: MiniDv
Location: Roma

Regia: Francesco Del Grosso
Soggetto e sceneggiatura: Francesco Del Grosso
Interpreti: Viviana Maurizi, Francesco Bucci, Carlo Cinque, Raffaele Monti, Gianluca Testa
Fotografia e riprese: Sergio Di Lino
Suono: Francesco Del Grosso
Montaggio: Gianfilippo Guadagno, Ilenia Collalti, Salvatore Allocca
Supervisione al montaggio e mixage: Simone Rosati
Costumi, scenografie e fotografie di scena: Daniela Ionta
Edizioni: Daniele Facciolo
Musiche: AA.VV
Produzione e distribuzione: Dipartimento Comunicazione Letteraria e Spettacolo Università degli Studi di Roma Tre

FESTIVAL E RASSEGNE:
2004
* L’invasione degli ultracorti (Roma)

PASSAGGI TELEVISIVI:
In onda su Rete Sole nella puntata dell’11 gennaio 2005 del
programma “I Corti”

LOCANDINA:


FOTO DI SCENA:








BACKSTAGE: